Malattie Neurodegenerative e Neuropsicologia
La demenza è una patologia in crescente aumento nella popolazione mondiale come conseguenza del progressivo invecchiamento. È stata definita una priorità mondiale di salute pubblica dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dall’Alzheimer Disease International. L’impatto in termini socio-sanitari è drammatico, con un numero sempre maggiore di persone colpite e di famiglie coinvolte e con elevato carico sui servizi sanitari e socio-assistenziali.
Nel 2015, ben 47 milioni persone in tutto il mondo risultavano affette da demenza, si prevede un aumento a 75 milioni entro il 2030 e addirittura 132 milioni entro il 2050 (circa 10 milioni di nuovi casi all’anno, 1 ogni 3 secondi). In Italia oltre 1 milione di persone è affetta da demenza, (di cui circa 600.000 con demenza di Alzheimer) e sono circa 3 milioni le persone direttamente o indirettamente coinvolte nella loro assistenza, considerando famiglie e personale sanitario, con un impatto rilevante sia sul piano economico che organizzativo.
Le demenze comprendono diversi tipi di patologie, tra cui la malattia di Alzheimer che nella sua forma tipica esordisce con disturbi di memoria ad andamento ingravescente e progressivo, la demenza fronto-temporale che nella variante comportamentale esordisce con modificazioni della personalità e disturbi del comportamento sociale, l’afasia primaria progressiva che esordisce con un deficit selettivo e prominente delle abilità linguistiche, la demenza vascolare che è causata da una patologia cerebrovascolare e presenta un quadro clinico vario, e altri tipi di demenza. In generale, le persone affette da demenza sperimentano un progressivo deterioramento delle funzioni cognitive, accompagnato da potenziali disturbi comportamentali e neuropsichiatrici. Questi sintomi impattano in maniera significativa sull’autonomia nel quotidiano, con conseguente necessità di supervisione e supporto per svolgere le attività di tutti i giorni.
Le demenze ad oggi rientrano in un insieme di patologie complesse e non guaribili, che pertanto richiedono un approccio multidisciplinare alla cura delle persone colpite e al sostegno dei loro familiari. Poiché i farmaci usati nel trattamento delle demenze hanno un valore terapeutico limitato, è essenziale ampliare la prospettiva di cura includendo trattamenti non farmacologici e strategie di prevenzione.
Tra gli esami di screening, la valutazione neuropsicologica, da eseguire tipicamente in parallelo ad un consulto neurologico, consente di rilevare in maniera precoce eventuali difficoltà o deficit di natura cognitiva e/o comportamentale. Questo esame specifico, effettuato dal neuropsicologo, comprende un colloquio clinico con il paziente, ed eventualmente anche con il familiare, insieme alla somministrazione di test psicometrici che indagano le funzioni cognitive principali, tra cui memoria, attenzione, ragionamento logico, funzioni esecutive, linguaggio e abilità visuo-spaziali. L’indagine neuropsicologica permette di delineare il profilo cognitivo del paziente, evidenziando in maniera precisa le aree cognitive che rientrano in un ambito di normalità e le aree che presentano invece fragilità o veri e propri deficit, tenendo conto dell’età e del livello di istruzione del paziente.
Richiedere un accertamento di tipo cognitivo è consigliato per esempio quando si presentano frequenti dimenticanze o “vuoti di memoria”, in particolare se iniziano a interferire con le attività di vita quotidiana; quando si notano cambiamenti nelle capacità di esprimersi correttamente in una conversazione, con frequenti fenomeni di “parola sulla punta della lingua” o produzione di una parola per un’altra; quando si osservano modificazioni a livello della propria personalità, con tendenza a isolarsi socialmente o a manifestare maggiore irritabilità rispetto al passato.
In presenza di difficoltà cognitive accertate dalla valutazione neuropsicologica, è possibile avviare un intervento non farmacologico di stimolazione cognitiva. L’obiettivo di questo intervento è mantenere e migliorare le funzioni cognitive residue, mitigare la progressione dei deficit cognitivi e promuovere meccanismi compensatori e, di conseguenza, il rallentamento della perdita di autonomia nella vita quotidiana. La stimolazione cognitiva non consiste in attività di tipo ludico o ricreativo, ma si tratta di un intervento strutturato che comprende attività ed esercizi specifici sia “carta e matita” che computerizzati, che vengono pianificati e personalizzati per ciascun individuo.
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